Il primo lungometraggio dedicato interamente ad una supereroina Marvel è un film molto più interessato alla storia, alla narrazione, alla profondità del personaggio, al suo carisma, alla politica attuale e alla vicenda di un mondo poco comprensivo, più che all’azione e agli effetti speciali. Di scontri visivamente impattanti ce ne sono e come, ma nel corso del film paiono essere quasi secondari rispetto alla potenza femminile di Captain Marvel, e a quel modo di raccontare storie in pieno stile anni ’90, esattamente l’epoca in cui si ambientano i fatti.
“Just a Girl”
Siamo nel 1995 su Hala, capitale dell’Impero Galattico dei Kree, dove vive Vers, una bellissima ragazza bionda con il sangue verde-blu, addestrata dal mentore Yon-Rogg a combattere contro i nemici, ma soprattutto contro le proprie emozioni e i propri straordinari poteri energetici. Quando gli Skrull, nemici mutaforma dei Kree, riescono a catturarla, indagano nella sua mente, facendo però riaffiorare in lei anche dei ricordi soffusi ed ovattati della sua precedente vita sulla Terra, e le fattezze di una donna che già comunica con lei mediante l’intelligenza suprema dei Kree. È qui, infatti, che comincia il viaggio verso casa, un coming back nel passato in cui scoprirà di esser stata Carol Danvers, e di aver avuto un’identità molto diversa da quella attuale.
Quando scriviamo “siamo nel 1995…” vogliamo anche suggerire che, guardando Captain Marvel, è proprio come sentirsi negli anni ’90. Il film incorpora un personaggio principale che, pur attestandosi più di venticinque anni orsono, è più attuale che mai, ma ci viene sventolato attraverso schematiche di un cinema perduto, in cui la storia, la sua profondità e i messaggi sono più importanti di qualsiasi artifizio computerizzato. Carol è una donna dotata di un addestramento alieno incredibile, con poteri che farebbero impallidire il resto della truppa Avengers; eppure è una donna che mai se ne fa vanto, mai li utilizza per questioni personali, nemmeno quando scopre di un reiterato inganno da parte di un uomo, per cui prova rancore, ma non desidera vendetta. Il suo carattere è fermo, deciso, cresce man mano che passano i minuti, man mano che prende coscienza di sé, quasi fosse la reincarnazione storica del cammino che le donne hanno compiuto dalla preistoria ad oggi.
Captain Marvel è poi fortissima, ma non ci riferiamo nella fattispecie alle sue capacità belligeranti, bensì al coraggio, alla fermezza e al carisma che esprime nel binomio con Nick Fury, ringiovanito dalla computer grafica insieme al suo collega Coulson del futuro S.H.I.E.L.D. E allora è proprio sotto questo aspetto che il film si fa inevitabilmente politico ed attuale, perché se da una parte pretende i pari diritti delle donne, chiedendoli indirettamente attraverso la storia e le caratteristiche della sua protagonista, ma anche mediante un comparto musicale che strimpella pezzi degli anni ’90 quasi tutti cantati da donne come “Just a Girl” dei No Doubt; dall’altra, in un’epoca in cui si erigono muri per i diversi, ci invita a domandarci se quelle persone (al di là del muro) non vogliano solo avere un posto nuovo, una nuova casa in cui ricominciare la loro vita, il diritto di essere sereni e felici lontani dalle disgrazie e i disastri dei loro paesi di origine.
In tutto questo è impossibile non riconoscere la figura di Captain Marvel, di Carol Danvers e gli occhi pieni di vita e forza della bravissima attrice Brie Larson.
La nuova eroina!
A differenza della controparte DC, la forzuta principessa delle Amazzoni, Wonder Woman, Carol ha i piedi completamente piantati per terra, mette gli interessi personali dopo quelli degli altri, usa i propri poteri solo per aiutare gli altri, e perfino il suo sviluppo è stato ritagliato, ricucito e re-incollato affinché sia così.
L’origine dei poteri della protagonista, infatti, è stata completamente riscritta, legata ad una delle gemme dell’infinito, perché non era il caso di far derivare le sue capacità da un uomo, né di farne una questione di retaggio alieno (come negli ultimi fumetti); lasciando che a dirigerla, oltre a Ryan Fleck, ci sia Anna Boden, non a caso la prima donna alla regia di un film Marvel.
Proprio da lei impara un già citato Nick Fury, qui ancora non duro e scafato come lo conosciamo, ma molto più giovane ed ingenuo, che sa stupirsi allo sfavillare dei poteri, che sviluppa un’amicizia complice con Carol, ma non si azzarda nemmeno a tentare di dirigerne le danze, perché non ne sarebbe capace, e perché la protagonista è molto più capace e preparata di lui. Non messo nelle migliori condizioni è invece Jude Law, nei panni di Yon-Rogg, in quanto la serietà del suo personaggio impedisce all’attore londinese di mettere sul palcoscenico tutta la sua maestria e le capacità camaleontiche che ne hanno fatto la fortuna.
Empatico e pieno di senso umoristico è invece Ben Mendelsohn, nei panni dello Skrull Talos, decisamente un villain positivamente anomalo a cui Carol, però, non concede nemmeno uno scontro testa a testa (né a lui, né tantomeno a qualcun altro), perché non ha nulla da dimostrargli, perché è una semplice ragazza come noi, fatta di vittorie, ma anche di sconfitte, forgiata nella spontaneità, capace di rialzarsi e rialzarsi ancora.
Ed infine, al netto di alcuni riferimenti espliciti a Star Wars (con la più classica delle battaglie laser), un omaggio a Top Gun ed un dovuto e commovente ultimo saluto al mitico Stan Lee (non solo nel cameo); la parte tenera e comica viene affidata all’arancione del gatto Goose, di cui vi innamorerete e per cui non dovrete lasciare la sala prima della fine dei titoli di coda.
Captain Marvel è un film completo, in cui l’azione e le sequenze funamboliche sono sì presenti e ben installate, ma in cui il protagonista è principe (in questo caso principessa) assoluto della camera, un’eroina più attuale che mai, che dopo aver intuito di lei in Infinity War, troveremo presto e con un ruolo importantissimo in Endgame, che, dopo gli annunciati addii di molti attori protagonisti, porterà, insieme a Black Panther, probabilmente il vessillo dei prossimi lungometraggi Marvel.