Green Book è la versione cinematografica di una storia vera; un racconto d’amicizia in groppa agli anni ’60, on the road per le lunghe e noiosissime strade solitarie del sud degli Stati Uniti, un incontro tra raffinatezza e semplicità, tra nero e bianco, tra due mondi e due modi di vivere diametralmente opposti. Il film realizzato dall’insospettabile Peter Farrelly è però anche testimone di una povertà mentale che si mostra e detona nel razzismo, una pochezza che purtroppo è più attuale che mai.
A spasso insieme
Siamo a New York, nel 1962. Il celebre musicista di colore Donald Shirley sta per partire per un tour di concerti con il suo trio attraverso gli Stati del Sud, quelli che vanno dall’Iowa al Mississipi. Considerata la refrattaria e velenosa avversità verso il colore della sua pelle – specie nelle zone in questione -, Donald decide di procurarsi un accompagnatore, una sorta di guardia del corpo/autista. E chi meglio di Tony Vallelonga, detto Tony Lip, buttafuori di un locale in ristrutturazione, omone bianco tutto d’un pezzo e dal caratterino discutibile, che ha tanto bisogno di soldi per via di una famiglia numerosa da sfamare, che parla con un fortissimo accento del Bronx e ama il pollo fritto! I due, lungo le strade afose del sud, scopriranno di non avere niente in comune, ma proprio per questo intraprenderanno un percorso di crescita simbiotica, stimolante e a tratti anche commovente.
L’America degli anni ’60, lo sappiamo, era un posto molto duro per chi, come Donald Shirley, aveva una pigmentazione scura. Pubblicata fino alla metà degli anni sessanta, la Negro Motorist Green Book era una sorta di guida turistica dove venivano riportati gli alberghi e i locali a cui i neri avevano accesso, ed è proprio da questa che il film trae il titolo. Manuale alla mano, armati soltanto delle loro profonde differenze, Donald e Tony intraprendono questo strano viaggio, dove il bianco è davanti sul sedile del conducente, mentre il nero è comodamente seduto dietro, dove il “Signore” è l’uomo di colore e il dipendente il caucasico. La gente rimane allibita a questa fotografia, scruta i nostri due protagonisti come se fossero l’anomalia più assurda che si possa immaginare, come provenissero da un altro pianeta.
La celebrità di Donald, i suoi soldi, la sua bellissima abitazione newyorkese, il suo indiscusso talento musicale non possono nulla contro le ristrettezze mentali della gente, e negli hotel più lussuosi, nonostante siano pagati da Shirley, può dormire solo Tony! Le strade, invece, quelle sono infinite, classiche del sud, occupate solo dai raggi del sole, da tante chiacchiere tra i protagonisti, da vicende imprevedibili, da un confronto in cui la semplicità di Tony vuole convincere Donald della bontà vocale di Aretha Franklin, o che il pollo fritto è una bontà scesa direttamente dal cielo; mentre le doti indottrinate del musicista non si lasciano corrompere, ma anzi vogliono sottolineare che le mani pesanti e un po’ irascibili dell’italo-americano sono proprio il motivo che lo tengono piantato e ancorato alla sua bassa classe sociale.
Un percorso di crescita
Sono proprio quelli raccontati sopra i presupposti nei quali albeggia questo viaggio; perché se è vero che il contesto socio-culturale del paese recita una buona parte dello sfondo e della questione generale, è vero anche che la telecamera spiritosa di Farrelly sa come promuovere la crescita di questi due uomini, che sono sì assai diversi, ma che hanno da imparare tanto l’uno dall’altro.
Viggo Mortensen e il fresco premio oscar Mahershala Ali – che della questione razziale si è occupato anche nella terza stagione di True Detective -sono i principi indiscussi di questo show, fatto di risate (perché non c’è da dimenticare che stiamo parlando di una commedia realizzata dalla regia di uno che aveva diretto Tutti Pazzi per Mary e Scemo & più Scemo), di siparietti divertenti, ma anche immersi nella serietà della questione razziale, spruzzati anche di terribile realismo, quello che nell’epoca Trump fa ancora tremare tutti e aliena mondi interi dietro alle fredde pareti di un muro!
Con 5 candidature agli Oscar, 4 a BAFTA e 3 Golden Globes messi già in tasca, Green Book e il suo incrocio d’amicizia nato per caso raccontano un pezzo di storia, una storia vera di altri tempi, che tutti vorremmo solo immaginare, ma che purtroppo si consuma ancora in ogni parte del pianeta, laddove le diversità ancora spaventano, laddove l’ignoranza, in un mondo che si dice civilizzato e dove tutti vanno all’università, è sempre regina cattiva e sfacciata delle nostre banalissime menti.