A sorpresa, come avvenne alla fine del 2017 con la quarta stagione, la serie di Black Mirror, creata da Brooker e Jones, si palesa sul piccolo schermo di Netflix come un ennesimo e ritardatario dono di Natale. Questa volta, però, lo stupore è ancor più vasto sul nostro viso, visto che Bandersnatch è un vero e proprio film interattivo nel quale il protagonista, spesso e volentieri, subisce le nostre scelte, quelle del nostro telecomando, costretto dunque ad agire secondo i nostri desideri in un vero e proprio labirinto di azioni e preferenze. I finali dell’episodio, dunque, sono molteplici e difformi, salvo poi avere la possibilità di tornare indietro e prendere scelte diverse senza l’obbligo di ripassare per lo start.
Cosa farai?
Stefan è un teenager un po’ nerd del 1984. Il ragazzo vive con il padre soltanto, orfano di madre per via di un incidente ferroviario. Stefan è un accolito programmatore appassionato dal mondo videoludico; e per questo decide di portare sullo schermo di un pc il racconto interattivo Bandersnatch, scritto da un tale Jerome F. Davis. La sua idea viene ben accolta da uno sviluppatore, che quindi gli affida la realizzazione; ma nel labirinto fisico e mentale, fatto di scelte multiple e diverse strade da imboccare, di Bandersnatch si cela la follia, la paranoia, il dolore e molte altre cose ancora.
L’episodio albeggia in un breve tutorial fornito da Netflix nel quale, molto semplicemente, si avverte e si istruisce lo spettatore che sarà lui stesso a prendere delle scelte e delle decisioni che influiranno con l’andamento della trama stessa, sfornando molteplici finali. Detto questo, Bandersnatch non poteva non ricordarci molto da vicino creature videoludiche quali il recentissimo Detroit Become Human, per non dire l’horror di Until Dawn o il thriller di Heavy Rain, giusto per citarne qualcuno. Ormai, è diventata davvero una consuetudine, nel mondo dei videogiochi, quella della scelta interattiva, la possibilità in dote al giocatore di decidere arbitrariamente del proprio fato. Alle volte, nei casi specifici, queste scelte sono l’essenza stessa del gioco, altre, come nell’ultimo Assassin’s Creed: Odyssey, solo un modo per aggiungere peso e pepe al gameplay, e fornire qualche bivio per dare al player una più vasta egemonia e controllo.
Finalmente, anche le serie tv hanno deciso di sperimentare tale pratica; mezzo decisamente più consono ed appropriato al videoludico, ma che anche in Bandersnatch funziona a dovere.
La vita altrui nei nostri polpastrelli
Con un semplice tasto pigiato, dunque, Netflix ci offre la possibilità di decidere le sorti del giovane Stefan. Lo fa mettendoci davanti ad incroci pericolosi, altri semplicemente grafici e sonori. Non tutte le scelte che prenderemo, infatti, saranno cruciali, alcune sono solo di riempimento e gusto, come la scelta di una musicassetta da ascoltare o dei cereali da trangugiare a colazione.
Tuttavia, quando giungeremo a snodi importanti della questione, saremo chiamati a riflettere un po’ sul da farsi, grazie anche a degli indizi che gli attori e la sceneggiatura ci forniscono nel mentre. Qualsiasi sia la scelta, non temete, sarà Netflix stesso a darvi l’occasione di tornare indietro e prendere una decisione diversa, ma solo dopo avervi mostrato l’epilogo di quella appena compiuta. Alla fine dei giochi, non possiamo dire che esistano scelte giuste e sbagliate, ma solo diversi modi di affrontare una situazione; esattamente come accade nella vita, inconsci ed inconsapevoli di cosa potrebbe accadere, solo speranzosi di aver imboccato la strada migliore.
La nebbia di questo labirinto – un labirinto vero e proprio se ci riferiamo a Bandersnatch, il gioco che Stefan sta plasmando -, si respira comunque l’atmosfera che da sempre contraddistingue Black Mirror; quella in cui la tecnologia è autrice di grandi capolavori e fautrice di indicibili disgrazie allo stesso tempo. La creazione del gioco, mescolata alla funerea storia infantile, portano Stefan a chiedersi se davvero siamo noi a dominare le nostre vite; se siamo noi a governarci e ad avere il controllo; se invece non sia già tutto scritto da qualcun altro, se l’esistenza non sia solo un burattino di chissà quale mangiafuoco.
L’idiosincrasia del ragazzo è più forte che mai, specie quando si impantana nella vita di Davis, l’autore del libro da cui sta prendendo spunto per lo sviluppo del suo videogioco. Complotti, deliri cospirazionali, visioni, sogni, follia imprescindibile al genio, creano il caos nella mente già debole di un ragazzo cresciuto senza la madre; che non riesce più a distinguere il bene dal male, che non si fida più di nessuno, che vede tentacoli spuntare anche dai suoi affetti più cari o da chi, come la dottoressa Haynes, è lì per aiutarlo.
Ancora una volta, Black Mirror ci fa riflettere sul ruolo che la tecnologia – in questo caso quella ludica di intrattenimento – rappresenti nel bene e nel male per i suoi fruitori. Alcuni, se abusanti, potrebbero far fatica a distinguere la realtà dal gioco, e perdersi in un labirinto mentale come Stefan. Infondo, la ludopatia oggi ha cominciato ad assumere tante facce diverse.
La recitazione, se pur a tratti piacevole, non è esattamente il massimo; ancorché non viene aiutata da una sceneggiatura pungente, ma decisamente piatta e semplicemente funzionale al suo scopo. Tuttavia, la vera novità di questo Black Mirror era l’interattività, capace di imbrigliarci in tante scelte, ipnotizzarci su quelle, coinvolgerci in tutto e per tutto, così da non far troppo caso alle carenze narrative o stilistiche.
In generale, siamo rimasti piacevolmente sorpresi dalla nuova creatura di Brooker e Jones; in grado di riportare sul piccolo schermo molti preziosismi propri fino ad oggi quasi in esclusiva dei libri e dei videogiochi. L’esperimento, almeno a parer nostro, è riuscito!