È iniziata, finalmente, la stagione calcistica! Dopo un’estate trascorsa ad ammirare i mondiali, senza però poter gioire né soffrire veramente per la colpevole assenza della nostra nazionale, i campionati di tutta Europa, compresa la Serie A, sono tornati in cattedra. Il fischio d’inizio, nel campo videoludico-simulativo, anche quest’anno lo dà Konami e il suo Pro Evolution Soccer 2019, che esordisce con un anticipo mai visto, quasi un mese prima del suo rivale canadese. D’altronde, lo sviluppatore nipponico sapeva di dover, in qualche modo, sopperire a quella che è un’assenza che peserà e non poco sulle vendite: la licenza Uefa relativa alla Champions League e all’Europa League, passata nelle mani di un già carismatico FIFA. PES 2019 tenta di rimediare questa privazione passando in solitudine e senza concorrenza quasi trenta giorni sugli scaffali (disponibile solo per console di ultima generazione e PC), ma soprattutto aumentando il tasso di realismo del suo prodotto con elementi nuovi o evoluti, toccando ben poco di quanto di buono fatto nella scorsa edizione.
Come in TV!
Al netto di un gameplay che, negli ultimi anni, ha cercato di migliorarsi e trovare nuovi spunti tendenti alla simulazione, il fattore su cui PES ha sempre spinto molto è il realismo, dentro e fuori dal campo. Anche quest’anno, è proprio questo l’elemento su cui abbiamo notato i maggiori sviluppi e i più sudati lavori da parte del team di Konami. Tanto per cominciare, lo sviluppatore ha integrato notevolmente la veridicità del rimbalzo del pallone e tutti i suoi derivati, come ad esempio l’impatto che ha sul campo, sui giocatori, sui legni della porta e su numerosi fattori esterni.
Il celebre First Touch Impact, già sbandierato lo scorso anno, ci è sembrato potenziato, sia in fase di possesso che di non possesso, con un’interazione tra il corpo dei giocatori e quello della palla davvero impressionante. Molto, molto bene sono anche i movimenti dei giocatori, capaci di scontri fisici molto realistici, di tocchi sul pallone che spesso ci fanno chiedere se la differenza tra il simulatore e ciò che vediamo in tv, sia ormai tale. Bene anche le condizioni atmosferiche, che però non sembrano creare troppi disagi al gioco e al terreno (Mazzarri non potrà lamentarsi), al rimbalzo della sfera sul terreno di gioco, al fattore “lanci” o “passaggi filtranti, ecc…
Notevole è anche l’impatto visivo! Ci stiamo riferendo all’evidente taglio cinematografico che PES imprime alle sue partite. Gli stadi sono riproposti, dentro e fuori, con una cura maniacale, così come il tifo e quanto accade sul campo. Le presentazioni dei match non hanno nulla da invidiare a quelle di Sky o della tv più in generale, se non fosse per un commento, quello di Caressa e Marchegiani, che sa di stantio. I due dialogano con un’assenza di novità quasi spiazzante, soprattutto perché quello del commento era un fattore su cui erano già lampanti i difetti, con due commentatori che sparano frasi spesso in disaccordo e non in simbiosi con quanto accade sul rettangolo verde.
Poco male, se pensiamo che comunque, dal punto di vista cinematografico, il gioco si rifà ampiamente in tanti altri elementi, come ad esempio il diverbio che si sviluppa, magari dopo uno scontro o un fallo, tra i giocatori, oppure tra i giocatori e il diretto di gara dopo lo sfoggio di un cartellino giallo o rosso.
Sempre eclatante e brillante è il lavoro svolto sul motion capturing che clona i veri giocatori (specie i più forti e famosi e appartenenti ai team più importanti), con grande attenzione e verosimiglianza, senza però trascurare i player meno celebri e di categorie inferiori, su cui si nota comunque un impegno sostanzioso e corposo.
Andiamo in campo!
Il Fox Engine, il motore del gioco di casa Konami, continua a mettere in vetrina dei miglioramenti e delle evoluzioni che, nel corso del tempo, hanno portato PES a raddrizzare il tiro verso la simulazione, abbandonando un po’ l’arcade e rimanendo in linea con i tempi che corrono e i desideri realistici dei video-giocatori.
Come al solito, le due modalità più ambite del gioco sono il Campionato Master e Diventa un Mito. A tal proposito, il gioco non offre grandi novità: la Master League è rimasta pressoché invariata, lasciando la possibilità al giocatore di creare un suo allenatore, dandogli l’aspetto fisico che preferisce, e scegliere una squadra con cui cominciare la propria carriera. Al di là del campo di gioco, su cui comunque oltre che giocare si potrà lavorare in maniera approfondita sulla tattica anche a partita in corso, il fattore manageriale recita un ruolo fondamentale. Con la difficoltà “standard” condurre una trattativa e gestire la squadra sarà più semplice; un po’ più complicato è quando inseriamo la difficoltà “sfida“, con i giocatori che saranno molto più inclini a sbalzi di umore e a mal di pancia, capricci che dovremo essere bravi a tenere sotto controllo e a medicare. Gli imprevisti, con tale difficoltà, si implementano anche nelle trattative, nelle negoziazioni, nelle offerte, nelle pretese e nei rinnovi di contratto (ostacoli in parte limati dai suggerimenti che ci arrivano). Insomma, anche sotto questo punto di vista il realismo continua ad essere premiato. Per i più nostalgici, infine, abbiamo la possibilità di affrontare la League con una squadra fittizia, farla crescere e comporre il team dei propri sogni fino a portarlo sulla cima più alta dell’universo calcistico.
Diventa un Mito ci è parsa la modalità che ha subito meno modifiche. Come ogni anno ci è concesso creare un giocatore (o prenderne uno già esistente) che possiamo modellare perfino con le nostre fattezze fisiche ed immolarci in una carriera che ci condurrà verso la gloria sportiva. Nonostante risulti essere appagante e divertente, Diventa un Mito, però, non riesce ad avere il carisma emotivo come quello de Il Viaggio in FIFA, evidenziando anche degli ingranaggi vecchi e ritriti sul campo di gioco, quando l’IA ci lascia minuti su minuti senza toccare un pallone, a meno ché non ci impegniamo nel muoverci e chiamarlo. Le nostre prestazioni sul campo, ma soprattutto il numero delle volte che andremo in rete, peseranno forse un po’ troppo sulle nostre possibilità di successo, e questo penalizzerà molto chi ha deciso, ad esempio, di essere un difensore o un centrocampista difensivo.
Sotto l’incrocio!
PES 2019 continua ad offrire ai suoi utenti un gioco che tenta di dare anche nel gameplay una parvenza realistica sempre più potenziata. Purtroppo, un grande difetto rimane sempre quello dell’IA, secondo noi ancora troppo grezza ed inesperta.
Capita spesso, infatti, di vedere svarioni difensivi non indifferenti, con un passaggio filtrante che taglia completamente fuori tutta la linea difensiva e ci mette in porta, oppure papere davvero colossali del portiere, che forse farebbero impallidire anche Karius (che non ce ne voglia il campione tedesco)! Non fraintendete, le capacità dei portieri sono state sì migliorate, ma ancora presentano dei limiti e dei problemi abbastanza evidenti. L’IA avversaria, in generale, non rappresenta un grosso ostacolo fin quando non accediamo a difficoltà quali Campione e Superstar (di fatto le ultime due), nelle quali la cosa più complicata da fare è difendere. Questo sarà ancor più evidente sul finire di gara, quando i nostri gladiatori cominceranno ad accusare stanchezza (fin troppo esasperata) e a perdere lucidità, contrasti e velocità di esecuzione. Rispetto alle demo che avevamo avuto la possibilità di giocare, questi fattori sono stati limati dallo sviluppatori, ma ancora non del tutto corretti.
Evidente, per chi è abituato a giocare il titolo Konami, è il rallentamento del gioco. In modalità “normale” la velocità del gioco è stata notevolmente rallentata, per permettere un’immersione ancor più realistica con il simulatore. Gli amanti di un gioco un po’ più repentino tenderanno ad innalzare il livello di velocità, ma si scontreranno con un’accentuazione del ritmo fin troppo alta, che non lascia per il momento mezze misure. Insomma: o troppo piano, o troppo veloce!
PES 2019 è divertente, e risulta notevole lo sforzo che lo sviluppatore ha tentato di fare per migliorare la simulazione. Ancora, però, aleggiano sul titolo dei difetti storici che lo sviluppatore non riesce ancora a debellare a pieno.
Multiplayer
Con il ritorno della modalità Co-op, che permette di giocare anche offline partite 3 vs 3, il fattore divertimento è decisamente assicurato, con tutti i limiti del caso. L’affiatamento tra i player risulta essere ovviamente la base di partenza per lo sviluppo di un gioco ordinato e preciso; fattore che quando viene a mancare dà vita a delle vere e proprie accozzagli caotiche di 22 giocatori attorno ad un pallone!
Collegarsi ai server Konami risulta essere privo di imprevisti, e le attese del matchmaking molto ridotte e mai stancanti. Una volta in campo, non abbiamo riscontrato rallentamenti o problemi di sorta, e ci siamo potuti affogare nelle numerose modalità che il gioco offre. Partite Veloci e Classificate, tutte rigorosamente rispettose del nostro livello di gioco e dei settaggi dai noi conferiti. Completano il pacchetto online la Lobby e le Divisioni: la prima consiste nella creazione di una stanza in cui ospitare fino a 22 giocatori e gestire in toto le sfide online tra di essi; le seconde danno la possibilità di confrontarsi con degli avversari in una sequenza di partite classificate, così da far salire di rank il proprio team.
A regnare è sempre il myClub, ovvero la modalità gestionale basata sulla costruzione di un team che si va a contrapporre all’Ultimate Team di FIFA, e che quest’anno vedrà alcune novità. Ma sul fattore multiplayer, ci torneremo magari più avanti in un approfondimento.
In generale, PES 2019 è un simulatore a tutto tondo, capace di divertire e districarsi bene sia offline che online. Il gioco apporta numerosi miglioramenti in fase realistica e d’impatto visivo, perdendo ancora qualcosa nelle fattezze del suo gameplay e dell’IA. Sospettiamo, però, che nonostante gli accoliti Konami siano ancora numerosi ed abbondanti, il gioco tenderà a perdere qualche adepto per via della licenza Uefa passata alla concorrenza, ed in generale per un comparto licenze ancora un po’ troppo anemico e scarno.
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