Dopo i 780 milioni di dollari incassati dal primo atto, Deadpool, il supereroe alternativo della Marvel, dalla parlantina smodata ed irriverente, si esibisce ancora sul grande schermo in un secondo capitolo tutt’altro che deludente. Il rischio di una quotazione al ribasso, infatti, c’era; soprattutto perché la novità di un personaggio come quello di Wade Wilson nel bel mezzo di un oceano di cinecomic poteva essersi consumata ed esaurita con la pellicola di un paio di anni fa. La regia maestra ed esperta di David Leitch, affiancata alla sceneggiatura (se pur solo in parte) e all’interpretazione di Ryan Reynolds, coadiuvate dalla presenza di un certo Josh Brolin nei panni del villain di turno contribuiscono ad un film forse un po’ meno selvaggio, ma decisamente più ricco di contenuti e personaggi del precedente.
Una squadra perfetta
Il mercenario Wade Wilson, alias Deadpool, è deciso finalmente a godersi la vita insieme alla sua compagna Vanessa. Ritrovatosi però a casa X-Men, si imbarca in una missione per calmare un giovane e potente mutante insieme a Colosso. L’arrivo di un letale guerriero giunto dal futuro costringerà Wade a vestire ancora una volta i panni dell’eroe, se pur a modo suo!
Di certo, la trama non è delle più originali, ma neanche doveva esserlo, visto che stiamo parlando comunque di un cinecomic e visto, soprattutto, che si tratta di Deadpool. Questa volta la direzione è stata messa nelle mani del sapiente Leitch, che specie nelle funamboliche sequenze d’azione mostra il suo tocco magico. Bene aveva fatto in film come John Wick e Atomica Bionda, ma in questo caso la sua esperienza da stuntman, oltre che escogitare scene rocambolesche e dall’alto dosaggio di adrenalina, deve anche adattarsi alla comicità grottesca del soggetto. Il risultato, possiamo assicurarvelo, è magnifico, divertente, a tratti agghiacciante ed assurdo.
Deadpool 2.0 non è più così esplicito nelle battute a sfondo sessuale, ma trova comunque originalità in un personaggio sempre più irriverente, politicamente scorretto, che si diverte a prendere in giro chiunque, senza scrupoli né mezze parole, un anti-supereroe che niente ha a che vedere con i colleghi X-Men che tanto invece vorrebbero trasformarlo in un salvatore dai giusti valori.
Di fianco a lui, viene imbandita una squadra strampalata chiamata X-Force, di cui si intravede immediatamente l’essenza folle fin dalla presentazione, un’entrata in scena che, semmai ce ne fosse stato bisogno, ha dell’esilarante e dell’eccessivo, componenti che sposano alla perfezione il timbro fumettistico e cinematografico di cui si fregia il film. Ad arricchire il piatto, infine, abbiamo un cattivone che risponde al nome di Cable, interpretato dall’onnipresente Josh Brolin (già il Thanos di Avengers: Infinity War), che ormai sembra aver trovato casa nei panni della nemesi. Serio e cupo, è questa la sua presenza scenica, cucita ad arte affinché Deadpool possa sfotterla, arrivando perfino a paragonarlo al Soldato d’Inverno di Captain America e dandogli per giunta del DC. E proprio di DC Comics parleremo nel secondo capitolo di questa recensione.
Troppo seri – Troppo comici
Il flop, in termini critici e giornalistici e non certo di incassi, di Justice League è risultato ancor più evidente quando sul grande schermo è giunto Infinity War. Ammettiamolo, la squadra più coinvolgente è quella della Marvel. Tuttavia, è sempre questione di gusti: c’è chi ama la troppa serietà del Batman o del Superman DC, e chi invece adora le chiacchiere di un ex taciturno come Hulk o la sfacciataggine e la saccenteria di Tony Stark o Doctor Strange.
Se il filone DC, dunque, sembra essere un po’ troppo impermeabile alla battuta, quello Marvel si sbrodola nella risata e nella comicità. Due scelte molto diverse che fino ad ora, stando ai numeri, stanno premiando forse la casa newyorkese, avvantaggiata anche da uno storico molto più ricco di pellicole.
In ogni caso, quello che sembrava essere un lento declino del cinecomic, film spettacolari ma che non riuscivano a trasmettere niente di particolare, ora è invece una rinascita ad ali spiegate. La caratterizzazione di alcuni film, bagnati in generi superiori e più specifici, ha senz’altro contribuito ai successi di pellicole molto recenti; basta chiedere allo storico e romantico Wonder Woman o al teen-drama di Spider-Man: Homecoming, ma in generale la capacità di trasmettere emozioni e messaggi, affiancata al coraggio intraprendente di chi è disposto anche a fare variazioni ai miti e alle leggende fumettistiche stanno avendo la meglio perfino sul pubblico ostinato.
Se perfino un grottesco irriverente come Deadpool, che bagna le sue glorie nella cattiveria gratuita e nella scorrettezza, riesce ad esprimere una solida poetica del personaggio, a raccontare di buoni sentimenti, e perfino a trasmettere dispacci seriosi allora ben vengono i cinecomic.
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Buona Visione!