In pieno stile Doctor Strange, Black Panther è un film saturo di punti originali, che si scosta in maniera decisa dalla carrellata di cinecomic che Marvel ha partorito nel corso degli anni. In maniera più o meno attesa, il regista californiano Ryan Coogler (già timoniere di Creed – Nato per combattere) intinge la sua pellicola in discorsi molto attuali e concreti, figli di una geopolitica spesso cieca, che guarda solo verso l’occidente, dimenticandosi del resto del mondo. Re ed usurpatori, è questo lo schema in cui l’incognita dell’eroe nero per eccellenza deve danzare, in un paese, il Wakanda, che rappresenta il potenziale di cui l’Africa viene puntualmente privata ogni giorno.
La Pantera Reale
Nell’Africa centro-orientale sorge un paese nascosto agli occhi del mondo. Il Wakanda, zona in apparenza povera e sventurata, è invece la nazione forse più avanzata del pianeta, grazie alla presenza di grossi giacimenti di vibranio, un minerale alieno dalle sconfinate potenzialità. Dopo la morte del padre, il figlio T’Challa torna nel suo paese di origine per succedere al trono del genitore, ma dovrà fare i conti con l’alleanza di alcuni nemici decisi a togliergli la corona.
L’avevamo già visto, Black Panther, nel terzo capitolo della mini saga dedicata a Captain America, Civil War. Ed era stata proprio quella l’unica pellicola dell’MCU a sfiorare, o quantomeno tentare, tematiche geopolitiche. Il personaggio della Pantera Nera doveva necessariamente raccontare di certi argomenti, tutt’altro che arcaici. Se è vero che il personaggio dei fumetti nasce nello scintillio politico e culturale degli anni ’60, è vero anche che l’adattamento moderno di questa pellicola riesce ad attualizzare il tema del razzismo e dei paesi del terzo mondo in maniera cristallina ed evidente. Il messaggio è quindi chiaro e deciso: quanto, in realtà, è cambiato dagli anni ’60 ad oggi?
Il Wakanda e la trama del film che racconta di uomini insaziabili che tentano di togliere il trono a chi ne avrebbe invece pieno diritto, non sono altro che il riflesso di secoli di soprusi, ingiustizie e quanto di più marcio l’uomo occidentale possa partorire verso il terzo mondo. Tanti sono i paesi dell’Africa (ma non solo dell’Africa) che avrebbero la possibilità naturale di poter prosperare, crescere, fare della propria popolazione una cooperativa ricca. La storia purtroppo ce lo insegna: il più forte mangia il più piccolo, troppo spesso il “bianco” mangia il “nero”, l’ingordigia vince sulla fame.
È sostanzialmente su questa tematica che il film costruisce le sue glorie, e per cui va apprezzato forse in maniera diversa rispetto agli altri cinecomic Marvel. Fatto salvo l’improbabile intervento positivo della CIA, francamente poco credibile, il film si infioretta nel messaggio geopolitico che lancia (o semplicemente vuole ricordare) al mondo, incorniciando la scenografia in ambienti magnifici, poderosi, meraviglie naturali di rara bellezza; attraverso costumi e tradizioni ammirabili e folkloristici, addobbati da un comparto musicale amplificatore e puntualissimo, che sposa le immagini con grande armonia e che, affiancato dalla storia, fa molto Il Re Leone.
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Dove inciampa la Pantera…
Al netto di tutto quello decantato fino ad ora, il film ha purtroppo dei problemi che non ne permettono di urlare alla perfezione. Sostanzialmente, quando Marvel decide di trattare di temi geopolitici, è bene che lo faccia in maniera convincente e soprattutto realistica. L’abbraccio della CIA, come fattore amico, in un contesto simile sa di tutto, tranne che di credibile; specie se consideriamo il ruolo giocato dai servizi segreti americani nella storia dei governi africani e i colpi di stato che li hanno caratterizzati.
Detto questo, un punto su cui la produzione poteva forse far meglio è l’action, le sezioni ad alto dosaggio di spettacolarità e adrenalina. Con il passare dei minuti e delle vicende, il nostro eroe comincia a mettere in mostra tutto il suo potenziale in scene che sono un crescendo di emozioni. La macchia, in una sceneggiatura del tutto apprezzabile, è la scelta di girare tali scene in CGI, di scegliere effetti speciali un po’ retrogradi, ai danni di una computer grafica e di tecnologie che forse avrebbero dato molto più lustro ed onore ad un elemento speciale come il vibranio.
In generale possiamo serenamente affermare il nostro gradimento verso Black Panther, un film che abbiamo gradito per la sua scenografia, per il messaggio che vuole iniettare al mondo occidentale, per un comparto attori/recitazione di tutto rispetto e molto efficace, e per un regista la cui giovane età non gli impedisce di assemblare macchine quasi perfette!
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Buona Visione!