Dopo l’appassionante e coraggiosa storia vera di The Post, raccontata la scorsa settimana da Steven Spielberg, ci tuffiamo in un’altra leggendaria fotografia di coraggio realmente scattata dalla storia, quella di Ore 15:17 – Attacco al Treno. Il titolo dato in italiano all’opera dell’ottantasettenne Clint Eastwood forvia un po’ dalla sua reale natura ed essenza. Ci si aspettava un film che, pur raccontando una storia vera, tentasse di spettacolarizzarla, di renderla un mito tramite i magici fuochi d’artificio offerti dal cinema moderno. Ci aspettavamo quindi qualcosa che si avvicinasse in qualche modo al recente Liam Neeson di L’Uomo sul Treno, ma la scelta di far interpretare i tre ruoli principali della vicenda ai veri protagonisti dell’eroico gesto ci avrebbe dovuto far pensare immediatamente a qualcosa di diverso, ad un film tremendamente realista che a tratti assomiglia molto ad un documentario.
Il male e gli eroi
21 agosto 2015. Il film racconta la vera storia di tre ragazzi di Sacramento (California) in viaggio per l’Europa su un treno che va da Amsterdam a Parigi (da qui il titolo originale del film The 15.17 to Paris). A mani nude i tre giovanotti americani, armati solo del loro coraggio e la voglia di fare ciò che va fatto, sventarono un atto terroristico da parte di un sostenitore dell’ISIS bardato con AK-47 e quanto di più letale si possa immaginare. I tre eroi si guadagnarono, dinanzi al Presidente della Repubblica francese, la Legion d’Onore.
Come già avvenuto la scorsa settimana con il film di Spielberg, e come avevamo sottolineato in Sully, gli eroi, quelli veri, sono persone normalissime, tanto comuni quanto speciali. Ci sono delle volte che la vita ti mette di fronte ad una scelta: accettare la propria normalità o immolarsi nell’olimpo di chi ha tentato qualcosa di più, di chi ha dato fondo al proprio coraggio, di chi si è improvvisamente sentito responsabile di vite che nemmeno conosceva, di chi ha rischiato la propria senza chiedere nulla in cambio. Che sia un Governo americano geloso dei propri segreti, uno stormo di oche che si infrange contro i motori di un velivolo, o un terrorista disposto a macinare vite innocenti in nome di un Dio, poco cambia. Si tratta di vita o di morte, di essere o di non essere; ma non tutti hanno il coraggio, e magari quel pizzico di giusta incoscienza, per fare ciò che va fatto!
Clint Eastwood però non vuole raccontare semplicemente il fatto in sé per sé, quello è già stato raccontato ed acclamato troppe volte dalla stampa e dai media. Clint vuole mostrarci la “normalità dell’eroe”, la vita di un uomo (in questo caso tre) comune prima del fatidico giorno che lo consacrerà per sempre nei libri di storia. E allora sceglie di far interpretare la sua pellicola ai veri protagonisti dei fatti, chiede loro di vestire i panni di se stessi, di essere più naturali possibile. Inevitabilmente, questo tipo di opzione, ci lascia in eredità un piatto con poco sapore, una sceneggiatura quasi elementare (proprio perché deve andare incontro ad esigenze dovute all’inesperienza degli attori); un film che cavalca gli attimi adrenalinici del treno solo per circa 25 minuti, focalizzando i restanti 70 sulle vite di questi tre giovani eroi e su quanto accaduto prima di quel 21 agosto 2015.
Leggi anche: Altered Carbon – Recensione
L’America patriottica
Anthony Sadler, Alec Skarlatos e Spencer Stone sono i tre paladini del treno direzione Parigi preso d’assalto dalle forze del male, ma sono anche l’emblema di un paese conservatore, cattolico, accolito dei giochi di guerra, in cui il mito delle forze armate e della “Nazione per eccellenza” è oggi più che mai scintillante e fulgido.
Clint non vuole risaltarne solo i lati negativi, tenta piuttosto di mostrarci che dietro a rocciose convinzioni e a dogane mentali, ci sono anche persone che non per forza sono razziste, egoiste ed individualiste. Clint fa viaggiare il suo treno negli stereotipi americani (che tanto piacciono al cinema d’oltre oceano) dell’Italia, della Germania e dell’Olanda, ricordando, tramite le parole di una guida berlinese, che Hitler si suicidò mentre la città fu presa d’assedio dai russi e non dagli americani. In qualche modo, Clint vuole criticare un paese (il suo paese) che sembra quasi voler necessariamente e volontariamente essere additato come imperialista dai fantomatici teorici del complotto; un paese in cui egli invece vede ancora del bene, vede persone che vogliono solo far del bene.
Il regista di San Francisco è orfano dei vecchi western, il cui il cowboy, prima di essere sondato come sterminatore di nativi, era un vero eroe; un uomo buono, tutto d’un pezzo, con sani principi e la capacità di metterli in atto. I tre protagonisti delle vicende sono esattamente questo, detenuti invece nel paradosso di un mondo senza scrupoli, dove tutti studiano e l’ignoranza e l’inciviltà sibilano e divampano ovunque!
Leggi anche: Absentia – Recensione
Lascia un commento e seguici su Facebook, Twitter e Google +. Adottaci, è facile! (senza nemmeno chiamare il numero verde :-P)
Buona Visione!