Si è conclusa ieri sera sugli schermi di Fox Italia la seconda stagione di The Exorcist, la serie tv ispirata al terrificante mostro sacro del cinema horror del 1974. Gli amanti del genere avevano sicuramente apprezzato il primo movimentato atto, in cui i nostri due eroi in talare e colletto bianco avevano fronteggiato una serie devastante di possessioni e un complotto demoniaco all’interno della Chiesa. È dunque per questa ragione che ci attendevamo molto anche dalla seconda stagione che, come avevamo sottolineato subito dopo il pilot, tentava una nuova formula scenografica, abbandonando i grattacieli e la neve di Chicago, per abbracciare il clima torrido, ma anche piovoso di un’isola semi-desolata. Dopo aver osservato con attenzione questo secondo capitolo nei suoi dieci episodi, siamo pronti a sfornare il nostro responso.
Un Diavolo truffatore
Padre Tomàs e Marcus Keane (quest’ultimo ormai spoglio del suo clergyman) fanno coppia fissa nella trincea continua contro il Demonio. Il male è in mezzo a noi, ci studia, ci osserva, ci seduce ed infine ci schiavizza. L’aguzzino oscuro sa vestire molte forme, conosce tante lingue, si impadronisce delle nostre conoscenze, ma soprattutto dei nostri dispiaceri e delle nostre sofferenze, solo affinché gli permettiamo di entrare o, come direbbe qualche personaggio di Star Wars, abbracciamo il lato oscuro.
È proprio il talentuoso Tomàs, in un ultimo disperato atto di coraggio e sacrificio, ad offrirsi in pasto al Diavolo in cambio della vita dello sventurato Andy Kim. L’epilogo della seconda stagione di The Exorcist è riassumibile proprio in quelle scene, quelle in cui i due preti, coadiuvati dalla venuta di una vecchia conoscenza di Marcus, Mouse, tentano di affondare un solenne e disperato colpo a questo schiavista tenebroso, affinché il padre possa riabbracciare i propri figli.
Il rischio che il giovane prete di origini sud-americane si assume è smisurato, tanto che Marcus, spinto da un’assennata Mouse, è costretto a premere il grilletto e lasciare che la pistola esploda un colpo contro Andy, uccidendo demone e posseduto, virus e corpo ospite. L’esorcismo questa volta non è riuscito, ma soprattutto Marcus deve fare i conti con un senso di colpa che gli divora l’anima, mentre la giovane recluta Tomàs è ormai adulta, finalmente libera di poter operare autonomamente. Accanto al rimorso, però, l’ex prete ritrova incredibilmente anche la sua ispirazione, e un senso di minaccia che esprime in un volto agghiacciato e teso in bocca ad un tramonto dalla ringhiera di un molo.
Il finale di stagione, dunque, promette un terzo, catastrofico capitolo; specie se, a questi fatti, aggiungiamo che il celebre complotto, scoperto nella prima stagione, si diffonde a macchia d’olio all’interno della Chiesa, appestando perfino un inerme Padre Bennet.
… è comunque un buon prodotto!
Nonostante il secondo capitolo di The Exorcist non possa ritenersi a livello del primo, abbiamo comunque assistito ad una produzione ben infiocchettata, caratterizzata, forse un po’ troppo piena di personaggi e quindi poco approfondita in alcuni aspetti. Il riferimento è ovviamente quello verso gli abitanti della casa famiglia, costellata forse da troppi figli, tutti diversi fra loro, poco specificati e con un unico punto in comune: nei loro occhi brilla la fiamma della sofferenza, ma anche quella della speranza che, nonostante la cecità, è cristallina perfino in Caleb.
Lo studio sociologico fatto dietro alla famiglia Kim è puntiglioso e ben cucito, non fosse appunto per il fatto che non tutti i bambini hanno la possibilità di mettersi troppo in evidenza (complici i soli 10 episodi). L’unica che veramente partecipa ai fatti a pieno ritmo è senza ombra di dubbio Verity, la giovane ragazza dai capelli corti e dal coraggio e dall’altruismo invidiabili. La personalità di Verity è davvero forte e rocciosa, sicuramente atipica rispetto ai più timorosi altri componenti della truppa.
La sceneggiatura dunque usufruisce di personaggi azzeccati, ma non sempre convincenti e carismatici; ma poco importa quando davanti all’obiettivo compaiono i due preti e quella forza della natura chiamata Mouse.
Ancora una volta è il male contro il bene, ora pronti a darsi battaglia tra le radure folte di un’isola, la piovosità e il sudore del suo clima, le pareti innocenti di una casa intima e appartata, nella mente e nelle allucinazione amorose e paterne di un uomo dal cuore d’oro, ma figlio e frutto di tanti dolori e ferite non completamente cicatrizzate. Ammesso forse che l’ambientazione di Chicago era molto più affine al capolavoro cinematografico degli anni ’70, non possiamo non elogiare il coraggio degli autori, che hanno voluto virare su una novità stilistica, climatica e scenografica, per rendere appetibile e fresca una seconda stagione meno appassionante della prima, con troppi dialoghi, colpi di scena assai prevedibili e, lasciatecelo dire, un fattore “paura” troppo anemico ed inoffensivo.
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Buona Visione!