Dopo la produzione tedesca di Dark che ci ha fatto danzare sulla sottilissima linea spazio-temporale, Netflix ci delizia con una serie tv transalpina creata da Gérard Carré e Pascal Chaumeil, tratta dall’omonimo bestseller dello scrittore francese Bernard Minier. Non fatevi immediatamente scoraggiare e spaventare dalla natura produttiva, perché la piattaforma streaming conosce benissimo la passione sfrenata del popolo francese per la criminologia, per il giallo investigativo, per lo studio della mente deviata dei serial killer; già più volte splendidamente palesata in altre produzioni per il piccolo schermo come ad esempio Profiling. Il primo giorno dell’anno quindi, Netflix ci ha messo a disposizione i sei episodi della serie tv di Glacé, un’indagine che prende forma e quota sulle cime dei Pirenei, immergendo il mistero delle vicende in un oceano candido di neve e gelo, tra lupi animali e umani, pronti a brutalizzare le loro prede. Il passato è un fantasma che ci tormenta, spesso la “ghigliottina del presente”; e in questo caso, potete anche prenderci in parola!
Freddo e sangue
Il capitano Martin Servaz è chiamato in appello sulle cime dei Pirenei per indagare sul massacro e sulla macabra esibizione di un cavallo. Scomodare un famoso detective, colui che aveva arrestato il celebre serial killer Julian Hirtman, per la morte violenta di un animale può sembrare un’assurdità, non fosse che l’equino in questione è di proprietà di un ricchissimo uomo del posto e il suo valore si aggira intorno ai 600.000 €. Ben presto, però, le vittime diventano umane, selvaggiamente torturate dalla violenza di un serial killer. In che modo questa serie di omicidi sembra ricollegarsi ad Hirtman? Com’è possibile che l’assassino più inquietante di Francia, ora rinchiuso in un carcere psichiatrico, possa ancora essere colpevole di orrendi crimini?
Sulla trama non vi diremo nient’altro. Non vogliamo certo rovinarvi i tanti colpi di scena figli di una rete complessa e criptica che tingono di giallo le vicende. In soli sei episodi da circa quarantacinque minuti l’uno dobbiamo ammettere che il regista e gli sceneggiatori riescono davvero ad inserire, ma anche a sviluppare, moltissimi personaggi, ma soprattutto ad impilare una serie di fatti agghiaccianti e coinvolgenti allo stesso tempo, di quelli che quasi ti costringono a guardare la puntata successiva come se non ci fosse un domani.
La profondità narrativa viene poi premiata da ottime interpretazioni, alcune più scintillanti di altre. Charles Berling (nei panni di Martin) e Pascal Greggory (in quelli di Hirtman) sono il fiore all’occhiello del cast, ancorché infiocchettato dalla bellissima presenza ed interpretazione di Julia Piaton nel ruolo del capitano Ziegler. Il poliziotto vecchio stampo, schiavo dell’alcol e del fumo, consumato dal passato, e non esattamente dedito all’etica morale funziona benissimo in un’indagine che chiedeva esattamente quel tipo di personaggio. Molto bene anche il profilo psichiatrico e caratteriale della sua nemesi, un serial killer assennato, calcolatore, perennemente tranquillo e quieto, un giocatore di scacchi perfetto.
Il classicismo e il tradizionalismo della serie vengono poi incorniciati da una scenografia meravigliosa. La neve veleggia nell’aria trasportata dal vento, trafilando impurità e devastazione, nonché il gelo nel cuore del suo protagonista principe. Lo sfondo innevato, sullo schermo, funziona sempre molto bene quando accostato al rosso purpureo e brillante del sangue, un contrasto cromatico che già di per sé riesce a stregare l’occhio dello spettatore. Netflix aveva già sperimentato tale pratica nella seconda stagione di Slasher, produzione a nostro avviso riuscita; molto di più di quanto fatto sul grande schermo dalla trasposizione cinematografica de L’Uomo di Neve di Jo Nesbø.
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L’americanizzazione del prodotto
Netflix, come già accennato in testa, usa molto spesso produzioni non americane da inserire nel suo immenso menù. Altrettanto spesso, quando qualcosa non è a stelle e strisce, cominciamo a preoccuparci; lo etichettiamo a priori come prodotto scadente. Più e più volte, la piattaforma streaming ci ha invece dimostrato che il suo tocco originale è davvero inconfondibile ed inimitabile.
Abbiamo prima nominato lo show tedesco di Dark, ma potremmo nominare altre ottime produzioni come quella italiana di Suburra o quella brasiliana di 3%. In qualche modo, Netflix riesce sempre ad americanizzare le sue opere, rendendole appetibili al pubblico di tutto il mondo.
Nel caso di Glacé, l’impronta francese si vede purtroppo nella sceneggiatura, in particolare nei dialoghi. Al netto di una telecamera intelligente che sa come inquadrare le scene, è forse obbligo ammettere che alcune di queste soffrono di una durata troppo prolungata. Qualche macchia è presente anche nel parlato, con alcuni dialoghi troppo sbrigativi ed altri artificiosamente pomposi e poco credibili. Tuttavia non siamo di fronte a nulla di irreparabile o inaccettabile, ma solo qualche piccola insenatura rugosa di una superficie comunque liscia e ben riuscita.
Non possiamo dunque non consigliare la serie tv di Glacé; gli appassionati del giallo investigativo, o più semplicemente del thriller, sapranno come apprezzarla.
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Buon anno e Buona Visione!