L’esuberante e divertentissima banda di Gru torna con Cattivissimo Me 3, in una pellicola animata che si attesta sugli standard dei due precedenti capitoli, sempre affollata di quegli adorabili “esseretti” gialli chiamati Minions, da un nuovo super cattivo da placare e da una new entry geneticamente e fisicamente spiccicata a Gru, il suo fratello gemello; simmetrico solo allo specchio. Ci aspettavamo forse qualche risata in più, ma nel complesso la pellicola diretta da Pierre Coffin e Kyle Balda si esprime in una ricetta comica tutta singolare ed originale, degna di Cattivissimo Me e del suo sequel, impegnata anche in temi rilevanti quali la famiglia, la fratellanza e la fedeltà. Nonostante i tanti personaggi addetti alla produzione di risate e sorrisi, lo scettro del più comico questa volta va alla piccola e tenera Agnes e alla sua passione smoderata per gli unicorni.
È dura essere una famiglia!
Gru e Lucy, ormai in forza come agenti segreti all’AVL, ovverosia l’agenzia incaricata della cattura dei supercattivi, vengono licenziati dal nuovo capo di questa stramba intelligence per essersi fatti sfuggire per l’ennesima volta il cattivone Balthazar Bratt. Bratt, come ogni cattivo che si rispetti, è in cerca di rivalsa sociale; ex stella del cinema quando era solo un ragazzino pestifero e criminale, ormai caduto in disgrazia semplicemente perché cresciuto e dimenticato. Nello sconforto famigliare però, Gru riceve l’incredibile notizia di aver un fratello gemello di nome Dru e decide quindi di raggiungerlo e conoscerlo insieme con la sua adorata Lucy e i tre figli acquisiti: Margo, Agnes e Edith. Nel frattempo, Balthazar continua nel suo piano diabolico di ottenere la tanto bramata rivincita.
Il terzo capitolo di Cattivissimo Me apporta novità molto interessanti che si lasciano notare ed apprezzare con grande disinvoltura e con la naturalezza più efficace. La prima la si mette in vetrina fin dalle prime immagini del film, quando il baffo arguto e vendicativo di Balthazar Bratt si palesa dinanzi all’obiettivo più sfacciato che mai. Bratt è rimasto agli anni’80 come testimonia quanto dice, ma soprattutto il suo abbigliamento, il suo modo di fare e la musica che ascolta e tramite la quale sfoggia un kung fu molto particolare (vedere per credere). Tutto ciò ci fa senz’altro piacere, perché i favolosi anni ’80 sono sempre un ingrediente apprezzato, specie dai nostalgici come noi; inoltre il comparto musicale dell’epoca, che si fregia perfino di un certo Michael Jackson, ben si abbina con la sequenza di immagini che il regista e gli sceneggiatori ci propongono. Sembra ormai diventata una moda quella di riproporre gli ’80 con grande frequenza sia sul grande che sul piccolo schermo.
L’altro elemento che abbiamo gradito particolarmente è il gemello di Gru, vale a dire Dru. L’aspetto fisico è praticamente identico a quello del nostro amato protagonista, non fosse però per la fulgida chioma bionda di cui Gru è a dir poco invidioso. C’è però una cosa che, viceversa, rende Dru invidioso: la fama, la capacità e le doti da supercattivo del fratello oscuro; qualità che la versione bionda non possiede e che invece desidererebbe tanto. Pur diametralmente opposti, potete immaginare che i due troveranno un modo per apprezzarsi, convivere e perché no, perfino scoprirsi più simili di quanto sembra.
Come accennato prima, lo scettro del comico va però alla dolcissima Agnes, vogliosa di avere un amico unicorno con cui condividere la propria esistenza, con cui parlare, dormire, giocare, mangiare, praticare quella magia impressa nella mente di ogni fanciullo spensierato.
La risata viene quindi facile, specie quando a distanza, entrano in scena i soliti Minions, questa volta stufi di non essere più cattivi, e quindi cantanti, carcerati, e di nuovo eroi da strapazzo. Le loro parole sono come sempre incomprensibili, un miscuglio di lingue straniere (tra cui l’italiano) e espressioni inesistenti, da cui si innalzano senza ombra di dubbio parole come Lasagna, Banana e per giunta un Ciao!
L’animazione si fa adulta
Al netto di una sceneggiatura molto simpatica e ben costruita, di scene qualche volta poco legate, e di un’ottima riuscita complessiva; abbiamo, come spesso accade nei film di animazione, l’intenzione di dire qualcosa in più rispetto alla semplice trama, storia ed immagini. Gli stessi propositi li aveva anche l’ultimo lavoro di Illumination, quel Pets – Vita da Animali che invece è risultato un po’ anemico di contenuti e simpatia. Lo stesso non possiamo certo dire di Cattivissimo Me 3.
Il tema su cui si sofferma la pellicola è soprattutto quello della famiglia. Nonostante il passato da cattivo e solitario criminale, Gru è un ottimo genitore, colui addetto ai compiti più difficili, quelli di comunicare con i bambini; a fronte di una Lucy invece che ancora non riesce ad interpretare fino in fondo il ruolo di madre e per cui, la vicenda nella quale sarà impegnata fungerà da maestra. Tutti, ma proprio tutti impareranno qualcosa da questa storia. Le tre bimbe impareranno a crescere, specie Agnes che avrà in dote la lezione più importante: non importa quale sia l’etichetta sociale e il ruolo che abbiamo nella società, perché semplicemente non identifica ciò che siamo veramente, e spesso ciò che siamo è molto meglio di qualsiasi magica espressione estetica.
Qualcosa imparerà anche Gru, che mai aveva avuto a che fare con un fratello, specie se è poi costretto a scontrarsi con così tante diversità. Alla fine, Gru, consapevole lui stesso di non essere perfetto, saprà accettare le difformità e le debolezze della bionda chioma fraterna, guardando invece ai pregi. L’unione di una famiglia coesa fa la forza anche in questo caso.
Non siamo certo di fronte ad un sequel capolavoro come Alla Ricerca di Dory, ma certamente, con Cattivissimo Me 3, Illumination Entertainment riesce a scacciare e riscattare le critiche ricevute lo scorso anno in occasione di Pets e, a differenza di Balthazar, ad ottenere il giusto merito delle sue azioni.
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Buona Visione!