Lo attendevamo con ansia; Amityville: Il Risveglio è il film numero diciannove tra quelli sfornati sulla scia del capostipite datato 1979 Amityville Horror. Capite bene che portare in tavola una pietanza nuova e gustosa era pressoché impossibile, un’impresa assai ardua anche per quel Franck Khalfoun, regista del thriller P2 ma anche dell’ottimo remake di Maniac. La pellicola rispetta tutti i cliché del caso, ma proprio non poteva staccarsi da quella casa maledetta, sita al 112 di Ocean Avenue dove, tra le mura, serpeggia qualcosa di terribile e minaccioso, si annida il male, quello più tremendo, più pericoloso. E chi altri, se non una nuova famiglia in cerca di una rinascita, poteva di nuovo abitare questa struttura? Il film decolla bene, ma si perde poi in un viaggio comodo, ma scontato e banale, senza particolari panorami da godersi, attraversando una tempesta demoniaca che non ha niente in più delle precedenti.
L’uomo e le tenebre, la battaglia continua…
Joan, con i figli Belle, Juliet e James, si trasferisce al 112 di Ocean Avenue, nella cittadina di Amityville, in cerca di un nuovo inizio, ma anche di risparmiare un po’ per via delle costosissime cure del figlio malato. Belle, derisa e isolata dai compagni di scuola, fa la conoscenza di Terrence, da cui viene a sapere della leggenda che aleggia intorno alla sua nuova abitazione. Tutti credono che la casa sia infestata, specie perché diversi anni prima si dice abbia spinto un ragazzo a sterminare la sua famiglia. L’incredibile guarigione del fratello, strani incubi e presenze misteriose convinceranno Belle che forse quelle voci non sono poi così lontane dalla realtà, ma che anzi sia la realtà stessa ad essere peggiore di quanto si ventila in giro.
La cavalcata verso l’impresa epica di Khalfoun e compagni di ridare lustro ad un mito dell’horror come Amityville, dal quale furono partorite quasi due decine di altre pellicole e da cui presero ispirazione anche i coniugi Warren e la saga cinematografica di The Conjuring (di cui l’ultima creatura è lo spin-off di Annabelle 2), comincia con un ottimo passo, uno di quelli che stuzzica la nostra curiosità e ci coinvolge. La libertà creativa degli sceneggiatori fa si che alla classica famiglia abitante di una casa infestata sia messo in dote un figlio malato, costretto alla solitudine e alle piaghe delle lenzuola, attaccato ad una macchina speciale, unico suo mezzo di comunicazione. Il fattore di questo povero ragazzo è un colpo di genio, perché è proprio intorno alla sua figura che si cuce la storia e serpeggia il male.
Il regista non vuole essere additato come rivoluzionario, quindi edifica l’impalcatura del film nella maniera più classica possibile, senza troppi giochi di prestigio o novizie dall’utilità opinabile e assoggettabili magari di critica, decide di rivendicare gli schemi horror creando anche una buona suspense intorno alla casa e al suo vero, demoniaco possessore. L’atmosfera che, grazie anche all’ottimo lavoro degli scenografi, si va a creare è di quelle inquietanti, criptiche, nebbiose che squilla mediante jump scares ben preparati ed installati.
Purtroppo però, scavallati i 40 minuti circa dei quasi novanta previsti, la pellicola si affloscia in una scolasticità palese, diventando così banale e prevedibile. La tensione fin li creata ed interpretata alla perfezione da una più che gradevole Bella Thorne, va scemando, cedendo il passo a tutto quello che ci si può aspettare, giungendo ed arenandosi esattamente dove il pubblico aveva già immaginato. Ecco quindi che il passato comincia a prendere forma e senso compiuto, comincia a dare spiegazioni su quanto sta avvenendo nel presente, concentrando le attenzioni sul coma/non coma del ragazzo malato, sfiorando, anche non troppo velatamente, il tema dell’eutanasia e la sua questione principe: costringere alla vita un uomo già morto o lasciarlo andare?
Serviva un altro Amityville?
La domanda posta appena sopra, è la stessa domanda che vien da porgersi quando siamo ormai alle porte di pellicole quali Letherface, Jeepers Creepers 3, Jigsaw e IT (temi caldi dell’horror 2017). L’ultima nominata, prole del celebre romanzo di Stephen King, fa forse eccezione perché rappresenta la versione cinematografica della miniserie del 1990, tuttavia basta il nome di Pennywise ad animare ed imbottire i nostri animi bramosi di tensione e paura, con il timore di un ennesimo flop come il recentissimo La Torre Nera.
Amityville: Il Risveglio è solo l’ultimo esempio di quanto Hollywood sembra abbia finito le idee, di quanto si voglia semplicemente riempire le casse andando sul sicuro e sbandierando nomi altisonanti. La pellicola di Khalfoun non è certo un disastro completo, perché in qualche modo si lascia apprezzare e guardare, ma è una sorta di minestra riscaldata il cui sapore ancora ci piace, ma non ci convince del tutto semplicemente perché, assaggiato l’originale, ci sembra davvero scontato. In qualche modo, il film è come un boccone che dobbiamo mandar giù perché, da amanti dell’horror quali siamo, non possiamo esimerci dal calcare la poltrona di una sala cinematografica quando le locandine là fuori sventolano il nome di Amityville.
Finita la visione, tuttavia, la domanda è sempre la seguente: serviva un altro film come questo? Rispondere non è semplice, specie perché da una parte c’è la voglia di rivivere la vecchia gloria, dall’altra c’è la frustrante ovvietà che alcune cose sono e rimarranno uniche, non replicabili, solo avvicinabili. Vi lasciamo quindi la possibilità di rispondere allo stesso quesito nei commenti sottostanti o sulle nostre pagine social.
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Buona Visione!