Di capolavori Netflix ormai ci stiamo sfamando. E’ molto raro infatti che la piattaforma streaming più importante al mondo faccia qualche buco nell’acqua: Stranger Things, Daredevil, The Crown, sono soltanto pochi esempi della maestria con cui Netflix edifica le sue opere. Nei titoli di testa troviamo sempre la voce “Serie Originale” e pian piano ci stiamo rendendo conto che non è solo un modo per mettere in vetrina le produzioni di proprietà, ma è divenuto certamente un appellativo, un aggettivo di cui la piattaforma può ampiamente fregiarsi. 3%, vuoi magari per la sua genealogia brasiliana, è passata forse un po’ in secondo piano rispetto ad altri telefilm di casa; possiamo assicuravi però che, in appena 8 episodi, è facile erigere la serie come un vero e proprio gioiello. Lasciatevi dire il perché.
Un assennato maestro di sociologia
Per chi non conoscesse la storia: siamo in un mondo post-apocalittico in cui l’emarginazione e l’isolamento di frange molto corpose della popolazione sono alla base della civiltà. Parlare di frange è assolutamente riduttivo, visto che soltanto il 3% della popolazione ha diritto ad una vita agiata e tranquilla, mentre il restante 97 viene abbandonato al caos e alla povertà di un mondo privo di regole. Come si fa ad entrare in questa ristrettissima élite? Al compimento dei vent’anni ogni uomo o donna ha diritto ad affrontare quello che viene chiamato “Il Processo“, una sorta di sfide e prove in sequenza da cui escono solo i meritevoli.
Il buon Vilfredo Pareto, nei primi del novecento, teorizzò l’elitismo sezionandolo nella teoria delle tre C: Consapevolezza, Coesione e Cospirazione. Per non cadere nel tranello della docenza, riassumiamo dicendo che la classe élite è consapevole della propria posizione economica e sociale, a differenza della massa si allea e si organizza ed infine cospira affinché il suo potere rimanga quantomeno immutato o accresca.
E’ proprio su questa teoria, sulle debolezze e le incapacità della massa che il 3% della popolazione prospera rigogliosa. Dietro ad un sistema meritocratico si celano ben altri fantasmi storici che affliggono il genere umano e la sua natura da sempre: dispotismo, brama di potere, il desiderio quasi primitivo di primeggiare, sopravvivere anche a discapito della vita altrui. La serie tv creata da Pedro Aguilera si affaccia alla finestra di un futuro ingiusto, ma poi non così diverso dal presente. Quello che l’ideatore e il regista immaginano e mettono in scena è solo il riflesso estremizzato della nostra attuale realtà, dove pochi governano e progrediscono sulle spalle di milioni di persone. La legge del più forte? No, semplicemente la legge del più furbo o del più disonesto!
L’illusione del migliore
Secondo la dottrina di Ezequiel e compagni, questo 3% è destinato ad essere il meglio del meglio dell’intero pianeta. Ma siamo sicuri che questa sorta di scrematura forzata dia come frutti l’eccellenza della specie? Assaporando pian piano le vicende, osservando i candidati, ma anche i “professori” a dir poco ci vengono dei dubbi.
Ogni candidato è analizzato in maniera dettagliata dalla serie. Ogni personaggio è il protagonista indiscusso di un singolo episodio. Di tutti ci viene mostrata qualche reminescenza passata, la loro storia, il come sono giunti fin li. I candidati in questione sono molto diversi l’uno dall’altro, benché provengano tutti dallo stesso, lercio luogo. Ciononostante, le motivazioni che li spingono ad affrontare le prove e ad ostinarsi per giungere finalmente alla fine del processo e prendere parte all’élite, sono spesso difformi e incongruenti. Ogni singolo personaggio persegue un obiettivo ben preciso e personale (a questo proposito non faremo spoiler), ma qualunque siano le ragione che li incitano a lottare, tutti necessitano di terminare da vincitori il processo.
Durante il corso degli episodi, i candidati svilupperanno simpatie ed antipatie gli uni con gli altri, si alleeranno, si intralceranno, saranno costretti ad unire le forze e a giocare di squadra, piuttosto che aguzzare l’ingegno e sfoderare il cinismo per sopravvivere alle sfide. Tutti sono forti e tutti sono deboli. Tutti nascondono dei segreti indicibili. Perfino Ezequiel è custode di un intimo arcano che va assolutamente protetto e tenuto occulto.
Il paradosso espresso dalla serie è palese: nessuno è davvero migliore dell’altro. E’ davvero migliore chi, per dimostrarsi tale, imbroglia meschinamente o addirittura uccide un suo compagno?
La bravura del regista inoltre si espone nel far desiderare il tanto bramato Offshore (il nome che viene assegnato al luogo in cui vive il famoso 3% della popolazione) perfino al pubblico impotente spettatore. Mai ci viene mostrato questo giardino dell’Eden, eppure tutti lo desiderano. L’illusione e le promesse, diceva qualcuno, coinvolgono masse intere. Fondamentalmente sono proprio questi i motivi sui quali hanno preso luogo e prosperato i regimi dittatoriali, sfruttando le debolezze e l’ignoranza della massa. L’allegoria che 3% ci mostra è proprio questa: fingere democrazia e meritocrazia laddove invece regna l’inganno e l’ingiustizia, primi ballerini di un qualsiasi sistema dispotico.
3% è quindi il gioiello tanto decantato? Si, per quanto si riguarda, lo è.
Leggi anche: Le serie tv del mese di Marzo
Seguici su Facebook, Twitter e Google +. Adottaci, è facile! (senza nemmeno chiamare il numero verde :-P)
Buona Visione!