Il gelo e il freddo della piccola cittadina artica di Fortitude, anche in questa seconda stagione, è nulla paragonato agli agghiaccianti avvenimenti che sconvolgono la comunità. Il manto nevoso si tinge nuovamente di rosso, quell’inquietante scarlatto che presagisce qualcosa di terribile, il ritrovamento di un corpo senza vita, questa volta decapitato con precisione chirurgica. Due braccia e due gambe attaccate ad un tronco senza nome né identità, una grana di non poco conto per la governatrice Odegard, già provata dalle sanguinose vicende del primo atto, ed intenta a rimettere insieme i pezzi della città e della sua stessa vita.
Il clima e le tempeste di neve, questa volta, sono accompagnate da una splendida aurora rossa, tanto incantevole quanto minacciosa. L’apparizione di questa meraviglia naturale porta con se una nuovo e criptico spettro, un pericolo di cui ancora conosciamo poco ma che sembra legato sia all’omicidio dello sconosciuto sopra citato, sia al genocidio canino consumato durante la notte. Per non parlare poi delle prime immagini che ci vengono proposte dalla telecamera, immediatamente forti e audaci, ma anche terribilmente misteriose. Un uomo, in apparenza immortale, viene ritrovato con un bambino in mano in una sorta di villaggio dimenticato da Dio, a circa sessanta miglia da Fortitude, circondato solo dalla neve e dalla desolazione gelida del paesaggio. L’uomo, colpito ripetutamente dal fuoco di un fucile, si rialza come se nulla fosse e svanisce nella tempesta.
Ormai definitivamente scampati alla minaccia parassita per merito dei due ricercatori Vincent e Natalie, ora più innamorati che mai, gli isolani rimasti in città, quelli che come la governatrice non hanno abbandonato la nave mentre affondava e sono rimasti quindi a Fortitude, devono far fronte a duplici misteri, forse collegati, e forse no. Come al solito, la serie scritta da Simon Donald corre contemporaneamente su più binari, aprendo porte e portoni nel medesimo istante, senza girarci troppo intorno, collocando più antefatti già nel primo episodio, incuriosendoci a morte e provocando il nostro sguardo ipnotizzato.
Ad ingigantire l’opera c’è la presenza di Dennis Quaid nei panni di Miachael Lennox, un pescatore locale alle prese con problemi economici, un desiderio bramoso di mettere nella propria rete il celebre Granchio Rosso e i guai di salute della sua adorata moglie. Non sappiamo ancora in che modo il famosissimo attore prenderà parte attiva a questi nuovi, arcani enigmi; ma di certo la sua interpretazione brilla fin dall’inizio.
Un altro punto interrogativo che si aggiunge alla già lunga lista della prima puntata è il ritorno dello sceriffo Dan Anderssen, cercato invano dal suo collega Eric (nonché marito della governatrice), e dato ormai per morto, considerata la sua assenza prolungata di un mese circa e le condizioni atmosferiche locali. Dan viene trovato e quasi investito proprio dai coniugi Odegard lungo una strada, infreddolito, provato ed apparentemente fatto servo di qualche strana malattia. Com’è riuscito Dan a sopravvivere alla tomba gelida del territorio e del clima?
Quello che apprezziamo di più di Fortitude è senz’altro lo stile, che pare essere rimasto immutato anche nella seconda stagione. In questa produzione, la linea tra il Thriller e l’Horror è sempre molto sottile, i fatti e i misteri ci vengono somministrati in piccole dosi, stuzzicando il nostro desiderio di conoscenza, ma nel frattempo coinvolgendoci con personaggi mai anemici o anonimi. Ogni singolo attore che sale sul palcoscenico artico di Fortitude ha una storia da raccontare, una vita da scoprire, uno o più legami da coltivare, da salvare e perfino da rovinare. Tutto viene incorniciato da una sceneggiatura elettrizzante a cui la fretta è sconosciuta, ma il tempismo non manca. I dialoghi sono sempre abbastanza essenziali, specchio di personaggi molto caratteristici, che non amano la saccenteria o le frasi ad effetto, ma che prediligono la via sicura del realismo e dei luoghi comuni.
I colori di questa serie sono sempre molto cupi, vuoi perché la maggior parte delle vicende, specie quelle più eccitanti, avvengono di notte, vuoi perché il paesaggio monocromatico e sbiadito delle isole Svalbard sono l’habitat perfetto per la tipologia e la natura della produzione. Una tipologia che, per inciso, ci viene ampiamente anticipata anche dall’immutata sigla di cui ormai adoriamo il motivetto.
Abbiamo amato la prima stagione di Fortitude, trovando qualche inciampo solo nel finale; siamo sicuri, se questi sono i presupposti, che anche questo secondo capitolo potrà affascinarci e stregarci a dovere, tossici ormai del bianco tenebroso del titolo.
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Buona Visione!