Siamo nel novembre del 1983 a Hawkins, una remota e fittizia cittadina dell’Indiana, nella quale regna la tranquillità e la pace. L’episodio fin’ora più grave mai successo in città è stato l’attacco di un gufo ai danni di una ragazza, che probabilmente ci ha rimesso una permanente. La quiete e l’ordine vengono squarciati da un evento più che mai anomalo e inusuale. Will Byers, un ragazzino di circa dieci anni, scompare nel nulla. La madre, disperata, chiede aiuto immediatamente allo sceriffo che prontamente, preso coscienza della gravità della situazione, avvia le ricerche a cui partecipano, in segreto, anche i tre più affezionati amici del piccolo Will. Al contempo, in un recondito laboratorio nei dintorni di Hawkins, uno scienziato è vittima di una misteriosa creatura, mentre una bambina, dotata di poteri telecinetici e confinata anch’essa in questa sorta di lager per cavie da laboratorio, approfitta dello scompiglio per fuggire e si imbatte in Mike, Dustin e Lucas, i tre coraggiosi amici di Will.
Stranger Things è una serie tv fantascientifica ideata dai fratelli Duffer e prodotta da Camp Hero Productions e da 21 Laps Entertainment per Netflix. La prima stagione è risultata essere subito un successo. Merito della criptica trama che avvolge in una foschia tutti e otto gli episodi; merito di una sceneggiatura di ottimo livello e di un comparto scenografico e musicale che riproduce alla perfezione gli anni ’80 suscitando anche un po’ di malinconia.
Gli anni ’80 e il sovrannaturale dell’epoca.
Le citazioni e i rimandi al decennio degli ’80 sono numerosi e ben installati: Commando, E.T., Incontri ravvicinati del terzo tipo, I Goonies, Halloween, La Casa, La Cosa; tutti horror che hanno avuto vita in un periodo dove erano molto più apprezzati di adesso, una categoria cinematografica che forse ha trovato il proprio boom a cavallo tra gli ottanta e i novanta. Le relazioni con il cinema del passato non si limitano solo al citare i film, ma vanno oltre dando ai personaggi della serie una fisionomia e un modo di fare tipico anche dei personaggi del cinema anni ’80. Dustin ad esempio, è l’esatta copia di Chunk de I Goonies, Winona Ryder, con tuta e torcia, assomiglia alla Ripley di Alien; ma anche lo sceriffo, il professore di Scienze e molti altri personaggi hanno delle somiglianze fisiche e caratteriali con i protagonisti dei film di quell’epoca. Non è certo un caso che Stranger Things abbia trovato molti consensi soprattutto negli ultra trentenni, i primi ad avere ricordi nitidi dei favolosi anni ’80. E’ questa la forza della serie. Sembra tutto già visto, è vero, ma invece di annoiare, infonde un eguagliabile piacere. I fratelli Duffer ci danno la possibilità di tornare indietro di quasi 40 anni e di rivivere momenti che hanno fatto la storia del cinema, ci fanno rituffare, per un attimo, nelle vesti di bambini ormai malati di vecchiaia.
In questa sorta di “Rewind”, la serie trova però anche degli aspetti assolutamente originali. La sceneggiatura, come accennato pocanzi, è costruita davvero molto bene; intervallata di scene diverse e dal notevole impatto audio visivo. Il ritmo degli episodi trova sempre il giusto tempo con cui procedere, dando solo a pizzichi un po’ di verità allo spettatore. Le interpretazioni degli attori, comprese quelle dei bambini, sono davvero di grande fattura; a partire ovviamente da Winona Ryder (Joyce Byers) che impersonifica brillantemente l’angoscia di una madre che farebbe di tutto per ritrovare il suo bambino.
La parte forse più bella della serie è rappresentata dalla sua morale e dalla sua allegoria. Stranger Things riporta sullo schermo quello che ormai è davvero difficile da trovare nelle pellicole moderne. L’amicizia più semplice, quella tra bambini, pura, candida e rocciosa, ci viene dolcemente raccontata con grande intelligenza e grande bontà.
La serie, tuttavia, non è ideata per essere la copia di film degli anni ’80, ma vuole cucire sopra ai veli dell’epoca moderna un po’ di malinconia dei giorni andati, facendoci riflettere su quanto il mondo sia cambiato da allora e non necessariamente in meglio.
Complimenti dunque ai fratelli Duffer e a Netflix, che sembra scegliere le sue serie sempre con molta cura, attenzione e buon gusto!
Buona Visione!